La Sindone dei Teatini

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Se la Sindone di Torino ha un fascino unico ed una storia ancora enigmatica, poco o nulla si sa delle copie pittoriche della Sindone sparse in giro per il mondo. Di copie se ne annoverano quasi un centinaio e la maggior parte di queste sono state prodotte tra il 1500 ed il 1600, i due secoli d’oro delle ostensioni. Di queste copie ben tre sono in Campania e due a Napoli.

Come la Sindone di Torino, quella originale, ogni copia ha una storia a sé stante, la cui ricostruzione non è sempre agevole.

Nell’Aula Magna del Chiostro della Basilica di San Paolo Maggiore di Napoli si è tenuta la presentazione della copia pittorica della Sindone in possesso dei Padri Teatini, con la relazione di Giovanni Di Cecca, informatico, scrittore e giornalista, rifondatore della storica testata Monitore Napoletano e ‘sindonologo’ da un più di un decennio, autore dello studio di storicizzazione.

La relazione – La Sindone dei Teatini – una indagine storica sulla copia della Sindone di Torino posseduta dai Padri Teatini della Chiesa di San Paolo Maggiore di Napoli – ha svelato una luce sulla storia della copia, frutto di una lunga ricerca storiografica che ha permesso di scoprire, con un elevato grado di attendibilità, la sua genesi e il percorso che l’ha condotta fino a Napoli. L’esigenza di conservare la memoria storica di un oggetto che per varie ragioni è minacciato da una possibile distruzione, portò alla realizzazione di questa copia, come di altre, agli inizi del diciassettesimo secolo. Un documento del tempo, ci dice la data in cui è stata scritta la missiva che accompagnava la copia: 27 maggio del 1616. Questo attesta che la copia della sindone sia stata completata, ovviamente, qualche giorno prima rispetto a tale data. Sempre lo stesso documento conforta l’autore dello studio nel ritenere Modena come la città dove è stata dipinta. A Napoli fu portata da Padre Andrea Pescara Castaldo da Roma, che l’aveva a sua volta ricevuta da Isabella Emanuela di Savoia, principessa di Modena che commissionò la realizzazione di una copia del Lino in cui fu avvolto durante la sepoltura il corpo di Gesù Cristo. Questa copia, secondo una cronaca del tempo, è stata dipinta usando come “originale” non la Sindone conservata nella città di Torino, ma la “copia personale” di Isabella che ebbe dal padre per il matrimonio con il Duca Alfonso d’Este

Resta senza risposta, invece, la ricerca della “sapiente mano” che diede vita alla sindone posseduta oggi dai Teatini.

Al termine della serata abbiamo intervistato il relatore:

Domanda: Un’interessante relazione frutto di un anno di lavoro. Ci può illustrare come è avvenuto questo incontro con la Sindone dei Teatini e quali sono state le fonti usate?

Risposta: L’incontro un po’ per caso, a un matrimonio. I padri, dopo qualche tempo mi contattarono e mi mostrarono questo dipinto della Sindone che avevano conservato. Essendo stato l’anno scorso l’anno Sindonologico con l’ostensione a Torino per quasi un mese, mi chiesero di lavorarci un po’ per fare una ostensione sull’onda del “successo” di quella originale.

Non sapendo quasi nulla, neanche il periodo storico (questa copia della Sindone rientra nella categorie delle non datate), è stato molto difficile innanzitutto trovare i personaggi in gioco e poi da loro fare una serie di passi a ritroso per collocarla nel periodo storico e possibilmente dare quello che in informatica chiamiamo un time stamp (marca temporale tipo giorno, mese e anno) il più possibile vicino alla data esatta della creazione. Fatto ciò ho cercato nell’unico posto dove potevo trovare qualche informazione: La Biblioteca Nazionale di Napoli.

D: Una impresa titanica! Dal suo intervento, però, mi è sembrato di scorgere una differenza tra ricerca e indagine

R: Naturalmente si, anche se è talmente sottile la linea di demarcazione, in questo caso, tra ricerca e indagine. Quello che è stato più intrigante, ad un certo punto, sono state le false piste, le trappole. Insomma una vera indagine!

D: Da questa “indagine” ne uscirà un libro?

R: E chi lo sa! Io vorrei, non fosse altro perché tra, non voglio dire quattrocento anni, ma fosse solo tra cinquanta, potremmo perdere le informazioni che ho faticosamente trovato, e questo dipinto potrebbe ricadere nell’oblio ancora una volta… e sarebbe l’ennesima perdita per una città che sta pian piano perdendo la propria identità storica e culturale.

L’ostensione della Sindone dei Teatini terminerà il 15 maggio 2011.

Paolo Carotenuto

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